La fibromialgia, propriamente detta “fibromialgia reumatica”, o “sindrome fibromialgica”, è una condizione da sempre un po’ snobbata dalla medicina ufficiale.
Si tratta di una condizione non propriamente infiammatoria (non vi sono esami specifici in grado di diagnosticarla), in cui i pazienti, in maggioranza donne, accusano i seguenti sintomi:
- Insonnia
- Cefalea (un mal di testa che può essere frontale, cervicale, temporale o “a casco”, ovvero coinvolgere tutto il capo)
- Alterazioni della funzionalità intestinale (stitichezza, diarrea, o alternanza di esse)
- Deflessione del tono dell’umore
- Vaginismo o dispareunia (dolore nei rapporti sessuali)
- Talvolta formicolii agli arti di notte o al risveglio; rigidità che impedisce di muoversi bene la mattina.
E’ una patologia da sempre un po’ “scaricata” tra i vari specialisti, per via della sua complessità.
Ma chi ne è affetto vive malissimo e, pur non essendo una malattia propriamente infiammatoria (VES e PCR, gli indici dell’infiammazione, sono normali, così come sono negativi gli anticorpi tipici delle malattie reumatiche), può portare ad isolamento, depressione, difficoltà nella vita di coppia e nelle relazioni sociali, problemi sul lavoro, inabilità.
Come interrompere questo pericoloso loop?
Anzitutto, il paziente fibromialgico “vede tutto nero”, ma per forza: è dimostrato che lo stimolo doloroso continuo ha un effetto negativo a livello di chimica cerebrale. Un tempo, si pensava che i fibromialgici avessero dolore in quanto “depressi”, mentre è stato dimostrato che è esattamente il contrario!
Questo stimolo doloroso continuo è dovuto ad una specie di “reset” dei nostri recettori dolorosi, che caratterizza questa malattia. In pratica, quello che un sano avverte come uno stimolo tattile, o di pressione, per il fibro si traduce in una “scossa” vera e propria, cui segue una contrattura.
La terapia si basa su tre cardini fondamentali:
- Miorilassanti selettivi, che aiutano a rompere questo circolo vizioso ed a fare riposare meglio il paziente, permettendogli di avere subito un giovamento; ad essi si possono associare integratori con lo stesso fine, ed in ultimo è stata dimostrata una buona efficacia dall’uso di cannabis terapeutica
- Terapia fisica a scopo riabilitativo: non appena la persona ha un minimo sollievo dal dolore, è incentivata a praticare ginnastica dolce (corpo libero, stretching, Yoga, Pilates, nuoto, o anche banalmente passeggiate…), perché questo aiuta a rieducare i nocicettori “confusi”.
- Brevi cicli di terapia di supporto psicologica, idealmente CBT (cognitivo-comportamentale), che è stata dimostrata rendere assolutamente più efficaci anche gli altri de approcci.
Vi sono anche centri di supporto (gruppi di auto-aiuto, associazioni di malati) per accompagnare il paziente in questo percorso. La visita reumatologica, tuttavia, costituisce il cardine della diagnosi e della impostazione terapeutica. Non solo per valutare il livello di gravità della sindrome, ma soprattutto per escludere la contemporanea presenza di una malattia reumatica soggiacente (presente nel 20-25% dei casi).
Un percorso ad ostacoli, ma da portare avanti fidandosi e affidandosi allo specialista, che potrà offrire un ruolo di supporto fondamentale verso la guarigione.